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Gazzetta del Sud

25/09/2002

il disastro ferroviario di rometta marea / Nei prossimi giorni una nuova serie di sopralluoghi nell'area della sciagura

I periti adesso studieranno il locomotore e le carrozze

(n.a.)

Un'inchiesta che è quasi all'inizio. Un'inchiesta che sarà lunga e complessa. All'indomani dell'invio di otto informazioni di garanzia ad altrettanti indagati da parte dei sostituti procuratori Giuseppe Sidoti e Vito Di Giorgio per il disastro ferroviario di Rometta Marea avvenuto a luglio, la “partita” tra accusa e difesa è a carte scoperte. Adesso con molta probabilità il collegio di avvocati chiederà un incidente probatorio, e qualcuno degli indagati si presenterà per essere interrogato. I due sostituti Di Giorgio e Sidoti vogliono comunque essere in possesso di tutti gli elementi prima di fare qualsiasi altro passo. In sostanza attenderanno la consegna della perizia definitiva sulla tragedia che costò la vita a otto persone. E proprio tre periti che compongono il collegio nominato dalla Procura – i professori Gaetano Bosurgi, Antonio Risitano e Antonino D'Andrea –, eseguiranno nei prossimi giorni (l'inizio è fissato per il 1° ottobre), nuovi accertamenti sul luogo del disastro. Questa volta si dedicheranno soprattutto allo studio del locomotore e delle vetture che componevano il convoglio della “Freccia della Laguna”, visto che nell'immediatezza della tragedia l'attenzione venne calamitata dalle condizioni di sicurezza della tratta ferrata e dal tristemente famoso giunto provvisorio, indicato dal prof. Giorgio Diana come vera causa della sciagura ferroviaria. Ieri intanto l'agenzia Ansa ha diffuso in rete una ricostruzione di quella maledetta notte attraverso il racconto di un tecnico delle Ferrovie, Salvatore Scaffidi, che adesso è indagato nell'ambito dell'inchiesta insieme ad altre sette persone con le ipotesi di reato di disastro ferroviario, omicidio colposo e lesioni colpose. Ecco il testo. Alle tre della notte del 20 luglio scorso, sul marciapiede della stazione di Rometta, davanti alle lamiere dei vagoni di traverso ai binari, ancora calde per l'attrito, un uomo pallido e apparentemente turbato giurava sulla correttezza dei lavori di manutenzione. «Abbiamo fatto la sostituzione dell'80 per cento delle traverse di legno», assicurava rivolgendosi ad un gruppo di ferrovieri. «Abbiamo cambiato le “caviglie” – sottolineava – , e controllato le saldature che collegano i pezzi di rotaia. Meno male che abbiamo fatto i lavori. Se non li avessimo eseguiti la magistratura ci avrebbe chiesto conto e ragione». Ma quello scrupolo manifestato la notte del disastro non lo ha messo al riparo dalle indagini. Da quell'uomo magro, con gli occhiali e la barba curata, l'aria di un tecnico pignolo ed attento, i magistrati vogliono adesso sapere come è stata compiuta la manutenzione di quel tratto di ferrovia, dopo che i periti hanno accertato che a spedire le ruote della motrice fuori dalle guide fu proprio un giunto difettoso, lasciato lì dagli operai che avevano lavorato su quella massicciata. Responsabile di quella squadra era proprio lui, Salvatore Scaffidi, capotronco dell'area di Milazzo di Rfi. Quella notte Scaffidi andò sul luogo della tragedia, non ancora recintata. E tornò turbato. Parlando con i colleghi ferrovieri ripeteva: «Il binario era piegato, ma le “caviglie” erano tutte a posto, la squadra di operai che ha eseguito la manutenzione ha lavorato bene». E aveva aggiunto: «Abbiamo finito 15 giorni fa, mi sono impuntato per fare questi lavori, ho scritto pure una lettera: meno male, sulla nostra coscienza non può pesare nulla, abbiamo fatto il nostro dovere». Sembrava sollevato, anche se per lui ed i suoi colleghi la tragedia quella notte era ancora avvolta nel mistero: «Il treno sembra schizzato fuori improvvisamente – dicevano –, come se avesse quasi sorvolato inspiegabilmente i binari. Ma una causa i periti del pm, e quelli nominati da Trenitalia, l'indomani l'avrebbero individuata nel giunto difettoso rimasto inspiegabilmente al suo posto. Una causa che invece Scaffidi si ostinava a negare: «Il treno uscito sulle giunzioni dei binari? Non è vero, è deragliato 60 metri dopo. I perni che si svitano a mano? Su quel punto erano tutti al loro posto. Il binario era piegato dalla forza di uscita del locomotore, ma i perni erano conficcati nelle traverse. E non fatemi dire altro, non sono autorizzato. Ma posso dire di essere assolutamente tranquillo», aveva ripetuto accettando di parlare sul marciapiede della stazione, proprio davanti il gabbiotto che ospita il capostazione. Eppure proprio la manutenzione eseguita dalla sua squadra di operai è finita nel mirino della magistratura. Una manutenzione compiuta «con i piedi», dissero a caldo gli investigatori. Una manutenzione eseguita dopo le segnalazioni dei macchinisti che transitavano su quel tratto, ma anche una manutenzione tormentata: secondo alcune indiscrezioni i lavori, che le Ferrovie considerano conclusi da 40 giorni, non erano ancora terminati, mancavano gli ultimi ritocchi. (n.a.)

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