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Gazzetta del Sud

19/05/2004

Il disastro ferroviario di Rometta Marea Iniziata davanti al gup Sicuro l'udienza preliminare sulla sciagura che si verificò il 20 luglio del 2002

I pm: rinviateli tutti a giudizio L'accusa ha chiesto la celebrazione del processo per i cinque indagati

Nuccio Anselmo

Marcello Raneri è rimasto seduto per tutto il tempo sulla panca di legno, le stampelle accanto che ogni mattina gli ricordano la tragedia, quei vagoni come birilli impazziti che spazzarono alberi e case il 20 luglio di due anni fa, a Rometta Marea. Ieri ha seguito l'intera udienza preliminare davanti al gup Alfredo Sicuro, al piano seminterrato di Palazzo Piacentini, nell'aula finalmente assolata. Lui è uno dei due macchinisti che conducevano il “Freccia della Laguna”, uno dei tanti Espressi delle vacanze, numero di serie “1932”, che si trasformò in pochi istanti in un treno di morte. Il destino quel giorno lo preservò, la sorte peggiore toccò al collega Saverio Nania, intrappolato e gemente tra quelle lamiere maledette, spirato nonostante il lavoro eccezionale dei soccorritori. Per quel disastro ferroviario che provocò otto morti, il ferimento di cinquantatrè persone e il cordoglio d'un intera nazione, dopo un'inchiesta difficile, chiusa in tempi ristretti considerando la gravità dei fatti, i sostituti procuratori Giuseppe Sidoti e Vito Di Giorgio hanno disegnato il cerchio delle responsabilità individuando cinque persone e ipotizzando nei loro confronti i reati di disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo. Sono l'imprenditore Oscar Esposito, titolare dell'omonima impresa di Caserta che effettuò i lavori di manutenzione sulla tratta qualche mese prima del disastro; Carmelo D'Arrigo, tecnico del tronco Fs di Milazzo; Roberto Giannetto, ispettore capo Fs dell'Ufficio territoriale di Catania; Salvatore Scaffidi, responsabile del tronco lavori Fs di Milazzo; e Filippo Bardaro, capo settore tecnico Fs della zona di Messina. E ieri mattina, durante l'ora abbondante di discussione per ricostruire questa tragedia, il pm Vito Di Giorgio a nome dell'accusa ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti e cinque gli indagati, sottolineando ancora una volta come le indagini preliminari abbiano cristallizzato la cosiddetta «catena delle responsabilità» a carico dell'imprenditore e dei quattro dipendenti delle Ferrovie. Il pm ha citato poi l'enorme mole di lavoro che hanno svolto i consulenti in questa vicenda: da un lato l'equipe di professori universitari, dall'altro la relazione degli esperti della polizia ferroviaria. In più il magistrato ha aggiunto altri due “tasselli”: ha ricordato che anche le altre due perizie sulla tragedia, quelle disposte da TrenItalia e RFI (già depositate agli atti dell'inchiesta), sono giunte alle medesime conclusioni delle perizie delle Procura: un maledetto giunto difettoso che univa due rotaie, del costo di pochi euro, fu la causa di tutto. Un “pezzo di ferro” sfuggito ai normali controlli di manutenzione, sulla linea ferrata a circa centro metri dalla stazione di Rometta. E proprio sulle perizie disposte dalla Procura, ma soprattutto sulla utilizzabilità di questi atti, ieri mattina ci sono stati i primi “fuochi” tra l'accusa e i difensori. Una questione che in un certo senso il gup Alfredo Sicuro con una sua ordinanza ha lasciato aperta: «la questione afferente all'utilizzabilità dibattimentale, in tutto o in parte, della relazione redatta dai consulenti nominati ai sensi dell'art. 360 cpp, non ha alcuna ragione di essere risolta in questa sede, investendo l'eventuale formazione del fascicolo del dibattimento ai sensi dell'art. 431 cpp»; il gup ha rigettato comunque l'eccezione di nullità, avanzata dai difensori, degli accertamenti tecnici irripetibili disposti dalla Procura subito dopo il disastro e ha giudicato come corretti i vari passaggi procedurali compiuti dai magistrati che si sono occupati del disastro ferroviario.

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