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Centonove

27/06/2003

Forza Pantano

Maria Cannuli, 82 anni, “giovane” imprenditrice di Rometta, rilancia l'antico villaggio rurale. Con itinerari che segnano il recupero della memoria

Francesco Pinizzotto

ROMETTA Pantano è un antico villaggio rurale di Rometta. Una chiesetta attorniata da ruderi da recuperare. Da molto, pure troppo tempo. E adesso c’è chi sostiene la sua valorizzazione, cominciando da un viaggio nella tradizione.”Le radici della memoria”è un appuntamento in due giorni che nasce dalla caparbietà di una “giovane” imprenditrice di 82 anni di Rometta Marea, Maria Cannuli. “Le radici della memoria” è organizzato dall’ associazione culturale “Donne del Sud”, con il patrocinio della Regione Sicilia, Assessorato Regionale Beni Culturali ed Ambientali e P.I., e propone un itinerario che percorre tutti gli ambiti della cultura e delle tradizioni popolari nel villaggio di Pantano, importante patrimonio di architettura rurale di particolare pregio ambientale che, a seguito dell’ abbandono, non ha subito alcuna trasformazione, conservando integralmente memorie e tipologie originarie. Il percorso si avvierà il 1 luglio alle 17,30. Andrea Pullia, esperto in conservazione architettonica, aprirà “ il cantiere della conoscenza” premessa indispensabile del” cantiere del restauro” illustrando le tipologie abitative. C’è la stradina a “ giacatu”; e l’antico palmento che riporta ai tempi della vendemmia e della coltivazione della vite. Poi “ i pistaturi” trasformavano l’uva in mosto, schiacciando con i piedi i grappoli nella grande vasca di pietra. C’è pure un artistico ponticello, dove al riparo dalle pioggie e dal sole “u papinu”, tessitore itinerante, cardava il lino delle donne del villaggio. Proprio sotto questo ponticello, sarà allestita una mostra fotografica. Da qui si scorge la caratteristica piazzetta con la chiesetta della Madonna delle Grazie, che gli storici fanno risalire al 1500, considerandola anche il primo insediamento religioso del comprensorio. La chiesa ospita una statua della Madonna, unica nel suo genere: La Madonna è intenta ad allattare il Bambin Gesu’.Un quadro raffigurante un sacerdote e i suoi allievi, risalente al 1600, è stato trafugato un paio di anni fa, ma attraverso l’opera è stata riconosciuta l’attività retroattiva del Collegio di Studi Santa Maria de Pace di Rometta. Tra case circondate di alberi di agrumi, susini, gelsi, meli cotogni, “pira galoffiri”, “azzoli rosati”,“carauddi” si giunge all’estremo lembo del villaggio, che è anche il punto panoramico. Una cornice che spazia fino alle isole Eolie. Le donne di Pantano venivano educate ai lavori domestici. La tessitura era indispensabile per la preparazione della” dote” per il matrimonio. “Dalle mani esperte delle donne - racconta Maria Cannuli - venivano fuori anche gli abiti di lana per tutta la famiglia e le sacche da utilizzare sui muli. Particolare attenzione riscuoteva la tessitura del lino. Una volta raccolto ( a primavera) il lino si faceva asciugare al sole in fasci e successivamente veniva percorso con la “mazzotta”, per far distaccare il seme, “a linusa”, che veniva utilizzato per la semina successiva”. Il processo era lungo. “Gli steli, invece in agosto venivano messi in ammollo nella “gebbia” per una settimana – racconta ancora l’anziana imprenditrice - Alla fine, dopo un ennesima essiccatura venivano battuti con un lungo bastone ottenendo la separazione della fibra del lino dalla parte legnosa. Con la cardatura si selezionava due tipi di prodotti:“a stuppa”, utilizzata per confezionare sacchi e tele ruvide, e la “manna”. Altra importante attività praticata dalle donne del luogo era l’allevamento del baco da seta. “L’uovo del baco veniva messo per la schiusa, in un ambiente riscaldato, a volte nel letto o nel petto delle donne – ricorda ancora Maria Cannuli - Dopo 8/10 giorni nasceva la larva, “u’putrigghiuni”. Subito veniva posto sulle “ cannizzedde”(piani rettangolari, formati da canne intrecciate) sulle quali si depositavano, sminuzzate le foglie del gelso, “a’ frunna”, con le quali le larve si cibavano. Quindi, dopo un certo periodo di nutrizione, su appositi ramoscelli intrecciati di erica, “ i cunocchie”disposte sulle “cannizzedde”, la larva iniziava la tessitura del bozzolo, “ u’ funniceddu”, con il filo della bava e nel quale alla fine si richiudeva”. Ma occorrevano accorgimenti giusti: “A questo punto – spiega minuziosamente “nonna Maria” - il bozzolo, per evitare che la larva si trasformasse in farfalla danneggiando così l’involucro di seta, veniva sottoposto ad una fonte di calore ( circa 90/95° C.) che uccideva la crisalide e permetteva di conservare il bozzolo per la successiva lavorazione. Appena trovato il capofila, si dipanava il bozzolo servendosi di un apposito strumento, “ u’ manganeddu” (una ruota mossa mediante un pedale). Una volta asciugato, il filo veniva accoppiato a più capi paralleli su di un unico rocchetto. Infine, dopo vari procedimenti, il filato di seta era pronto per passare alla tessitura vera e propria attraverso l’apposito “tilaru”. A Pantano sarà allestita una mostra sull’arte tessile, con alcuni manufatti eseguiti interamente al telaio e rifiniti a mano secondo le tecniche tradizionali. L’itinerario continuerà il 2 luglio. Alle ore 10,00 è prevista nella chiesetta la funzione religiosa. A seguire, il convegno che concluderà la manifestazione, dal titolo “Un popolo che non ha memoria non ha futuro”. Interverranno la prof.ssa Ileana Pallucca, Alison A. Bacon, Josefina Catalfamo; moderatore Orazio Bisazza.

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