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Rassegna Stampa
10/04/2003 |
Rometta Prima condannato e ora assolto per una vicenda di 9 anni fa Odissea di un marito tradito n.a. Il “marito tradito” di Rometta dopo nove anni di processi è stato assolto. È finita cosi ieri mattina davanti ai giudici della Corte d'appello di Messina (presidente Leanza, componenti Vitanza e Mango) la sua vicenda. Da tempo si è comunque separato da quella moglie che un brutto giorno del '94 trovò discinta e in “altrui compagnia”. La beffa per lui, mal sopportata in tutti questi anni, era stata quella di dover subire anche un processo penale per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, nella specie i carabinieri che intervennero per l'occasione e che lui nella foga avrebbe voluto “obbligare” in una ricerca, per tutto il paese, dell'amante fuggito seminudo e spaventato. In primo grado era stato condannato a otto mesi di reclusione per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale (il capo d'imputazione recitava all'epoca «futili motivi», se son futili motivi questi...). Ieri i giudici lo hanno assolto dalle lesioni per mancanza di querela, e dalla resistenza per il concetto di non punibilità dell'atto legato a un presunto atto arbitrario dei militari che intervennero. Il sostituto pg Marcello Minasi aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado, la Corte ha dato invece ascolto al suo avvocato, Giuseppe Cappuccio, che per una ventina di minuti ha perorato la causa del “marito tradito”. La singolare vicenda di cui si sono occupati ieri i giudici d'appello a Messina ebbe come protagonista un commerciante di Rometta che il 21 maggio del 1994 trascorse una mattinata indimenticabile. Lasciato il suo negozio per un malore, rientrò a casa all'improvviso, ma prima di far “completo ingresso” vide uscire un uomo seminudo dalla sua camera da letto. Cercò d'inseguirlo per strada, ma dopo qualche centinaio di metri si rese conto che non sarebbe riuscito ad acciuffarlo. Così decise di chiamare i carabinieri. Secondo quanto sostenuto dall'accusa nel dibattimento che si tenne in Tribunale nel 1997, l'uomo piuttosto adirato invitò i carabinieri ad attivarsi immediatamente per cercare di individuare lo sconosciuto per tutto il paese. In evidente stato d'ira disse qualche parola di troppo (e da qui nasce il processo conclusosi ieri), rivolgendosi ai militari che lo invitavano in caserma per rispondere di oltraggio e minacce. Non avendo alcuna intenzione di seguire i militari, continuò nel suo atteggiamento di vivace protesta e alla fine si beccò una ginocchiata al torace da parte di un maresciallo, uno dei carabinieri che intervennero quella mattina. Per questa vicenda anche il carabiniere è stato processato, subendo una condanna che è già divenuta definitiva: si è pronunciata la VI sezione penale della Corte di Cassazione, che tempo addietro ha rigettato i ricorsi presentati dalla Procura generale e dalla difesa ed ha confermato la condanna a 12 mesi di reclusione, pena sospesa. |