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Gazzetta del Sud

01/09/2002

Le Clarisse di Rometta, una vita intensa nella pace della clausura

Come vivono le monache ospitate nel vecchio monastero costruito agli estremi margini della rocca

Alfonso Saya

ROMETTA Da più di trent'anni, Rometta ha il privilegio di ospitare il monastero delle Suore Clarisse di Sant'Eustochia. È provvidenziale la loro presenza in un luogo che conserva ricordi preziosi dell'antica Rometta: l'ex convento voluto dai Romettesi che nel 1570 fecero la richiesta al Provinciale dei Cappuccini. Rometta era allora una città regia ed ospitava tanti conventi e monasteri come quello delle Clarisse che si trovava attiguo alla Chiesa bizantina del VI secolo (monumento nazionale) e chiamato la "Badia vecchia". Le Clarisse di questo monastero, dopo oltre un secolo di permanenza a Basicò si trasferirono definitivamente a Messina dove prese il velo S. Eustochia prima che fondasse il Monastero di Montevergine con una regola di stretta osservanza. A Rometta quindi per i Cappuccini fu aperto il convento che inizialmente era un fabbricato a pianterreno "poveramente costruito secondo l'antico modello", confinante con la chiesa di San Giorgio fondata dai Normanni (si conserva nel tesoro della chiesa Madre, una preziosa reliquia, il braccio di San Giorgio, donata dal Re Ruggero d'Altavilla). Fu uno dei primi conventi dopo quello di Messina. La chiesa fu chiamata della Madonna dei Cappuccini per un prodigio operato dalla Vergine che si venera in questa chiesa: una devotissima immagine su tela, da ammirare non tanto per la finezza del pannello, quanto per la modestia con cui è espressa la Vergine, I padri Cappuccini rimasero a Rometta fino al 1936. Nello stesso anno, per opera di un illustre concittadino, il canonico mons. Antonino Barbaro, segretario del grande arcivescovo, mons. Angelo Paino, si aprì ai Redentoristi che continuarono con grande zelo, l'opera di evangelizzazione dei Cappuccini per 10 anni. Infine vi furono i padri rogazionisti che rimasero, anche loro, per 10 anni. Lo storico convento si è trasformato in monastero. Abbiamo avuto un colloquio con la Madre Abbadessa e alla domanda sulla vita quotidiana nel monastero, ha risposto che la giornata è scandita dalla preghiera liturgica, comunitaria e personale. In ogni momento, innanzitutto si cerca di dare a Dio, in Cristo, la lode, l'amore e l'adorazione che molti non sanno di dover dare o non vogliono; voce per chi non sa o non vuol pregare, si vive la mortificazione, portando a Dio le ansie, i desideri, i dolori dei fratelli e impetrando la benedizione per il mondo così travagliato. Le monache non sono avare nella preghiera, così come esorta S. Eustochia: Il lavoro non disturba la dimensione contemplativa in armonia al carisma claustrale e allo spirito di S. Francesco e S. Chiara che, parlando del lavoro, esortano i frati e le suore a non estinguere mai lo spirito di orazione e devozione, alle quali tutte le altre cose debbono servire, e di preoccuparsi sempre di avere lo “Spirito del Signore”, perché non è tanto importante fare. ma essere in atteggiamento da poveri (la minorità) che permette allo spirito di arricchirsi per la Gloria di Dio e la salute delle anime. «Il momento della preghiera, del lavoro e della fraternità che ci aiuta nel cammino che Dio ci ha assegnato con la vita claustrale, non esclude il momento ricreativo, un'ora al giorno in cui è possibile scambiarsi idee, esperienze, notizie, avere anche momenti di svago (ascolto di dischi, letture), perché durante il giorno, si può parlare brevemente e sottovoce, per quanto sarà necessario e poi si hanno dei momenti di silenzio con la preghiera personale per mettersi alla presenza di Dio». Le Clarisse di Rometta, sono ricche di grandi silenzi. Il monastero è sito agli estremi margini della rocca, in una posizione panoramica stupenda, simile a prora di nave, quasi a 600 metri di altezza, incuneata tra due bellissime vallate e proiettata verso le incantevoli isole Eolie e l'insenatura di Milazzo. Dalla solitudine montana l'anima sale a Dio portando con se le ansie, le inquietudini e le preoccupazioni del mondo. Anche il luogo è quindi quanto mai idoneo, ha tutte le caratteristiche ideali, è propizio per la vita delle Claustrali. Una clausura che non chiude le monache al mondo, ma le apre alle dimensioni spirituali, le avvicina a Dio e, quindi, in Lui e per Lui, tramite la vita contemplativa, ad ogni fratello.

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