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21/11/2009

La Sicilia del dissesto idrogeologico. I numeri del rapporto “Ecosistema Rischio 2009” realizzato da Legambiente

C’è anche il comune messinese di Rometta tra quelli che non raggiungono la sufficienza in campo di interventi per la mitigazione del territorio dal rischio idrogeologico.

Redazione

C’è anche il comune messinese di Rometta tra quelli che nella relazione stilata dall'associazione ambientalista, in collaborazione con la Protezione Civile, non raggiungono la sufficienza in campo di interventi per la mitigazione del territorio dal rischio idrogeologico. Solo quattro i “promossi” Nonostante la rischiosa situazione idrogeologica del territorio, “in Sicilia non si nota una concreta inversione di tendenza capace di rendere il territorio più sicuro dalle frane e dalle alluvioni. Anzi anno dopo anno, le province risultano sempre più vulnerabili”. Questo il desolante quadro emerso dal rapporto “Ecosistema rischio 2009”, realizzato da Legambiente in collaborazione con la Dipartimento di Protezione Civile e presentato giovedì scorso al Salone degli Specchi della Provincia (vedi articolo correlato). Un’analisi che batte ogni pista, che analizza in modo rigoroso la situazione dei bacini idrografici della nostra Regione, e che soprattutto, con appositi punteggi, quantifica il numero degli interventi portati avanti dalle amministrazioni locali nelle attività di gestione del territorio, finendo con l’individuare comuni “promossi” o “bocciati”. I parametri presi in considerazione in merito all’attività dei 51 comuni che hanno compilato il questionario ecosistema (51 su un totale di 273 comune a rischio idrogeologico) riguardano: la gestione del territorio, i piani di emergenza, le campagne di informazione alla popolazione. Rispetto al primo punto sono poi state prese in considerazione quattro diverse tipologie di attività considerate fondamentali per un buon lavoro di mitigazione del rischio ovvero: manutenzione ordinaria degli alvei e delle opere idrauliche e rispetto delle norme dettate dai Piani di bacino; presenza di sistemi di monitoraggio e allerta della popolazione in caso di emergenza; presenza, validità e aggiornamento del piano di emergenza comunale; iniziative di formazione e informazione dei cittadini; realizzazione di esercitazioni di protezione civile.Ebbene, secondo quanto emerge da un’analisi incrociata e comparata dei dati, sono sei i comuni che hanno ottenuto il punteggio più basso fra quelli “intervistati”: tra i messinesi quello di Rometta, in compagnia di Palma di Montechiaro (Ag), Valderice e Poggioreali (Tp), Sortino (Sr), Balestrate (Pa). “In tutte queste zone – si legge nel rapporto - nonostante la presenza di strutture e interi quartieri in aeree esposte a pericolo di frane e alluvioni, non sono stati avviati interventi di mitigazione del rischio”. Solo quattro i comuni che quest’anno hanno raggiunto la sufficienza: Marineo e Castellana Sicula, in provincia di Palermo, Valverde e Randazzo in provincia di Catania. Percentuali non certo esaltanti considerando che, sempre secondo quanto emerso dai dati del rapporto Ecosistema Rischio 2009, in Sicilia sono ben 273 i comuni classificati a rischio idrogeologico dal Ministero dell’Ambiente e dall’Unione delle Province Italiane nel 2003, praticamente sette su dieci, di cui 200 a rischio frana, 23 a rischio alluvione e 50 a rischio frane e alluvione.Numeri da brividi che se riletti alla luce di quanto successo nei villaggi di Messina sud lo scorso primo ottobre, fanno ancora più impressione: perché “ignorati” dagli organi competenti e non sufficientemente pubblicizzati da chi, e in questo caso anche il mondo dell’informazione gioca la sua parte, purtroppo “cattiva”, avrebbe dovuto gettare una luce dove per troppo tempo il buio ha regnato sovrano. Così come accaduto tra le colline e le intercapedini della vallata di Giampilieri, Molino e Altolia, e tra le acque dei torrenti di Briga, Scaletta, Itala, nel giro di una notte diventate portatrici di morte e distruzione.

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